Nostalgia 2014. Blanchard: "Lasciare Frosinone è l'unico rimpianto"

08.11.2024 10:45 di  Luca Colafrancesco   vedi letture
Nostalgia 2014. Blanchard: "Lasciare Frosinone è l'unico rimpianto"
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© foto di Federico Gaetano

Esattamente dieci anni dopo la trionfale stagione, chiusa con la vittoria del Frosinone allenato da Roberto Stellone contro il Lecce nella finalissima playoff del campionato di Serie C 2013/2014, i protagonisti giallazzurri di quell’impresa si sono raccontati tra aneddoti, segreti, emozioni e curiosità in un film-documentario realizzato dalla redazione di Extra Tv, chiamato "Nostalgia 2014". Ieri sera è andato in onda il quarto episodio, che ha visto come protagonisti Leonardo Blanchard e Davis Curiale.

Così ha parlato Blanchard:

Leonardo, che fai dieci anni dopo quella stagione trionfale?

"Diciamo la principale è questa cosa, molto diversa dal calcio, ma il calcio fa ancora parte della mia vita. Tra poco lo scopriremo. Questo è un negozio di abbigliamento, la boutique di famiglia. Una passione che ho sempre avuto quella per l'eleganza, il vestirsi in un certo modo. Ricordo per l'appunto, parlando di Frosinone, che ogni tanto arrivavo con qualche busta di vestiti. Ogni giorno era una sfilata. Poi mio padre ce l'ha da 20 anni, quindi è di famiglia."

Senti Leo con il calcio, naturalmente tra poco ripercorreremo un po' i passi salienti della tua carriera, scopriremo anche dove giochi adesso, quello che fai adesso. Leggendo un po' tra le righe, le tue ultime interviste, le tue ultime esperienze nel mondo del calcio, se ti dico che il calcio ti ha fatto grande ma poi ti ha tradito è una frase troppo forte oppure ci può stare?

"No. È una frase che ci sta. Diciamo che io possa avere magari toppato qualche scelta in quel momento in cui le ho dovute fare, in passato. Però nonostante le scelte potessero essere sbagliate non ho incontrato ambienti e persone che hanno fatto sì che io potessi continuare a credere in quello che era il mondo di questo sport che è meraviglioso, ma che è un gioco prima di tutto e solo poi diventa business. E quando diventa troppo business purtroppo a volte la passione passa in secondo piano ed è quello che sfortunatamente è successo a me."

Cosa è stato per te il calcio, perché immagino i bambini nascono con il sogno di giocare a calcio in Serie A; quindi, che cosa è stato per te?

"È stato un modo per darmi un'identità, anche per veicolare tutte le energie che avevo perché sai ero un bambino abbastanza rumoroso. Per me trovarmi in un campo verde dove potevo correre e picchiarmi, a livello agonistico intendo, era un sogno. E scoprì molto presto che era la mia passione più grande. Quindi è stato un grande amore. È un sogno che poi fortunatamente ho realizzato."

Senti Frosinone: tu arrivi in Ciociaria nell'estate 2012 e trovi una nobile decaduta dalla serie B alla serie C. Frosinone che sta giocando nel campionato Lega Pro arriva da un primo campionato ricco di difficoltà. Il gruppo si sta formando. Non è neanche un super squadrone perché ci sono tanti ragazzini che arrivano dalla Berretti vinta qualche mese prima con Stellone in panchina. Primo impatto quando arrivi a Frosinone, quando arrivi in Ciociaria? Cosa pensi? Primo Flash che ti viene in mente?

"Mi ricordo intanto la particolarità proprio a livello urbanistico della città con questo paesino su questa piccola collina e la città più moderna sotto; quindi, a colpo d'occhio da subito era una cosa un po' particolare da vedere. Poi ricordo le persone che mi accolsero molto molto bene, a partire dai magazzinieri, parlo ovviamente di quelli con cui ho avuto subito un contatto. C'erano le persone di Frosinone molto molto sorridenti. Mi davano molta sicurezza, molto caldi, molto affettuosi. E poi mi ricordo che entrai in questo spogliatoio e mi trovai questo gruppo e c'erano diversi personaggi che però portavano tanta felicità: Santoruvo, Zappino, Stellone lo stesso Mister, era un gruppo misto. Per esempio, Frara era completamente diverso ma ci completavamo. Un mix di caratteri energie strane. Non lo so, fu subito amore."

Quindi prime sensazioni positive e poi arriva la stagione della consacrazione che cambia la vita un po' a tutti. Cambia anche la tua. Ti sei reso subito conto che quella poteva essere una stagione importante una volta iniziata?

Ma sì, perché ricordo che il primo anno che sono arrivato non facemmo neanche i play off ma comunque eravamo una squadra quadrata e li sfiorammo. Ricordo che c'era da mettere a posto qualche cosina e l'anno dopo Stellone e lo staff furono veramente in gamba. I giovani che l'anno prima erano ancora magari un po' acerbi crebbero e ci dettero una grossa mano. Dopo poco mi accorsi che forse qualcosina era cambiata ed eravamo sulla strada giusta."

Roberto stellone ti riporta al centro della Difesa. Tu arrivi terzino sinistro il primo anno ma è al centro che esplodi definitivamente, giusto?

"Sì sì, venivo utilizzato in tutte e due i ruoli. Però sì, mi ricordo che il secondo anno soprattutto mi mise in coppia con Adriano Russo e da lì io e Adriano ci conoscevamo già da tanti anni prima a Siena. E da lì si creò una coppia affiatata e poi da lì non mi ha più tolto."

Com'è nata questa intesa Leo? Perché insomma siete anche due caratteri completamente diversi.

"Una cosa che ci lega non è l'amicizia fuori dal campo perché non siamo nemmeno mai usciti tanto insieme. Però il venire da due famiglie che ci hanno insegnato molto il rispetto. Questo rispetto ci permetteva di aiutarci a vicenda in campo ed era come se non importasse quello che c'era fuori, in campo eravamo io e lui e non sarebbe passato nulla. Io ti copro le spalle perché so che tu copri le mie. È sempre stata una cosa molto spontanea ma ci siamo sempre veramente capiti sotto questo aspetto."

Senti invece tornando a Roberto Stellone, cosa ti ha dato anche umanamente?

"M'ha dato tanto perché è stato un allenatore che ha saputo tirare fuori il meglio da me perché non ero uno facile. Ma fondamentalmente era un atteggiamento di facciata. Io sono sempre stato uno che da quando è partito da casa ha affrontato il mondo. Ha alzato i guantoni e non li ha mai più abbassati. Pensavo che chiunque mi volesse colpire e stavo sempre con la guardia alzata. Pronto a difenderti ma anche pronto a colpire al minimo errore di valutazione. A volte ero con la guardia alzata e mi difendevo a prescindere dalle persone. Invece Stellone, che credo abbia capito perché siamo molto affini a livello caratteriale, nel privato, credo che abbia capito questa mia debolezza che nascondevo e piano piano ha trovato la chiave per tirare fuori quello che invece io avevo dentro. È una cosa che a livello calcistico sono riuscito a tirare fuori adesso. Anni dopo, perché ho riscoperto la passione."

Senti invece il reparto avanzato, Ciofani, Curiale, lo stesso Luca Paganini che giocatori erano? E quanto erano complicati da gestire nel corso dell'allenamento, nel corso della settimana?

"Io credo i risultati siano venuti anche per questo, perché anche i nostri allenamenti erano allenanti sia per noi difensori che per loro attaccati. Diciamo che secondo me tra tutti i reparti avevamo una quindicina di giocatori niente male. Quindi quando poi la qualità è alta migliori. Erano difficilissimi da gestire, difficilissimi attaccanti diversi di grande talento. Mi ricordo Curiale la prima partitella a Frosinone in uno scontro gli ruppi anche la catena d'oro."

A proposito di attaccanti, Ecco la chiamata che arriva da Davis Curiale. Te lo faccio salutare.

Senti Davis, Noi stiamo ripercorrendo un po' tutta la stagione. Che ricordi hai tu di quegli anni trascorsi a Frosinone e soprattutto il 2013 2014 che è stata la stagione per eccellenza?

"Ovviamente bellissimi ricordi che quando vinci ti rimangono sempre in mente e nel cuore, abbiamo fatto due grandi stagioni.
Me li porto sempre dietro e tutt'oggi quando mi capita di tornare a Frosinone la gente mi riconosce."

Tu sei arrivato nel gennaio della stagione del 2013 e hai trovato subito un gruppo già bello formato. Quando hai capito che poteva essere la squadra della tua svolta?

"Sì, quando sono arrivato il Frosinone, comunque, era secondo mi pare, la squadra era forte. Poi purtroppo non siamo riusciti a fare i play off, però la conferma del mister, e l’aggiunta di tre quattro pezzi hanno fatto sì che capissi che avremmo fatto un grosso campionato l'anno dopo."

Senti Davis l'intesa con Ciofani come nasce? Perché era un'intesa bella importante che ha dato tanto al Frosinone, non solo in termini di gol.

"Sì, con Daniel tutt'oggi abbiamo un bellissimo rapporto. Stiamo facendo anche il corso da direttore sportivo insieme e Stellone ci subito in camera insieme durante il ritiro per farci conoscere. Le prime partite giocavamo con una punta, quindi, giocava più Daniel e poi dopo un po' il mister ha cambiato, è tornato a 2 e da lì in poi diciamo che abbiamo giocato tutte le partite insieme. Abbiamo fatto bene. Ci siamo voluti bene dentro e fuori dal campo."

Davis ne hai fatti tanti, a quale gol sei più affezionato tra quelli realizzati con la maglia del Frosinone, soprattutto in quella stagione?

"Quella in C non lo so ci devo pensare, invece quella della promozione ho in mente quello del Latina. In C quello con il Pontedera quando ho fatto quel doppio scambio con Daniel e lo scavino di sinistro."

Devis poi tu decidi di lasciare Frosinone a gennaio del 2015, quindi pochi mesi prima della promozione in Serie A dopo una prima parte di stagione strepitosa: tripletta al Trapani e già doppia cifra. Perché quella scelta Davis?

"Perché non avevo la testa, perché avevo un'offerta importante dall'Inghilterra dal Leeds che era in serie B e volevo giocare titolare nel Frosinone in B. Però ero diciamo la terza scelta dietro a Dionisi e Ciofani, nonostante stavo facendo comunque bene. Quindi quell’offerta mi ha dato un po' alla testa. Volevo provare questa esperienza, quindi mi sono messo di traverso. Ho fatto qualche errore litigando col mister e con la società e poi alla fine mi è saltata quella trattativa perché il cartellino mio comunque aveva un valore e il Leeds non poteva comprarmi perché Cellino era squalificato i primi mesi e poteva prendere solamente svincolati o prestiti gratuiti quindi non si trovò l'intesa. Mi saltò il Leeds e nel frattempo litigai con tutti a Frosinone. Giustamente mi avevano messo sul mercato e quindi poi andai a Trapani e feci l'errore più grosso della mia carriera."

Perché poi non hai giocato in Serie A tu Devis? Hai mancato la serie A?

"Il mio rammarico più grande è quello. È stato che Frosinone ha vinto la Serie B e hanno confermato il blocco squadra come premio anche per i ragazzi che sono partiti dalla C fino alla Serie A e hanno dato il premio a tutti. Penso abbiano esordito pure tutti. Alla fine, è stata dura a livello mentale per me. Però purtroppo gli errori si pagano l'ho pagato e va bene così."

Davis 10 anni dopo hai appena iniziato una nuova avventura con la Reggina Club, prima però sei stato protagonista dalle nostre parti con la maglia del Terracina e hai vinto un campionato? Come mai questa scelta di lasciare di lasciare il professionismo per una piazza importante come Terracina?

"Perché allora avevo delle offerte anche in Serie C però le offerte erano basse economicamente. Io adesso ho una famiglia e due figli. E quindi il lato economico per me è importante. Poi avevo delle richieste in Serie D ma anche lì non mi piacevano. I progetti erano squadre di metà classifica, bassa classifica e allora ho detto se devo scendere nei dilettanti lo voglio fare dove ancora mi diverto dove ancora posso vincere. Perché poi alla fine le cose belle nel calcio sono le vittorie no?"

Io di solito faccio la domanda cosa farai da grande però mi hai già anticipato dicendo che stai facendo il corso da direttore sportivo, però giochi ancora qualche anno no?

"Sì, io ho preso pure il patentino da allenatore qualche anno fa, quando giocavo a Trapani che fecero il corso lì. Adesso c'è stata questa possibilità di fare il corso da direttore; quindi, intanto mettiamo nel cassetto poi vediamo le opportunità che capiteranno no? Nel calcio non si sa mai. Nel frattempo, fisicamente mi sento ancora integro. Grazie a Dio non ho mai avuto infortuni gravi. E quindi fin quando il fisico me lo permette e anche diciamo lo stipendio continuo a giocare, poi nel momento in cui non ce la faccio più spero di fare altro sempre nel mondo del calcio."

Prima di salutarti quante botte ti ha dato questo signore qui a fianco a me?

"Ce ne siamo date. Era una bella testa calda lui. Peccato perché poteva fare tanti anni in Serie A, ha avuto margine di miglioramento pazzesco, specialmente poi quando è diventato difensore centrale. Era uno dei centrali mancini più forti tra serie B e C. Mi è dispiaciuto che alla fine abbia lasciato il calcio ma lo capisco perché anche io ho subito diverse volte dei torti che facevano passare la voglia di giocare quindi lo capisco e mi dispiace."

Riprende Blanchard:

Ad ognuno di voi, nel corso di questo speciale abbiamo associato una singola partita di quella singola stagione 2013-2014 per te abbiamo scelto Gubbio- Frosinone.

"Una squadra che lotta una città che sogna, momenti bellissimi. Poi ho avuto la fortuna di condividere il campo con un personaggio unico del mondo del calcio, quello vero, che ad oggi non se ne vedono più tante."


Poi il gol tu avevi questo terzo tempo quasi all'indietro al contrario?

"Non so perché, non so se è perché sbaglio il tempo e poi però magari è un mio modo per andare sulla traiettoria, fatto sta che tutti i gol che ho fatto li ho fatti in quel modo. Mi ricordo che a Gubbio fu uno dei gol più belli di testa perché poi anche se non c'erano le telecamere HD, magari si vede un po' più da lontano, non ero nemmeno vicino, ero subito dopo il limite dell'area quindi feci questa grande rete, sempre con questo salto all'indietro sul cross di Gucher mi sembra proprio all'ultimo secondo e poi è stato un marchio di fabbrica segnare agli ultimi minuti."

Senti Leo cos'è il gol?

"Quello che penso ora a 35 anni è che prima quando facevo il professionista c'era una vena di egoismo. Ok, quindi te segni e ti senti il padrone del mondo. Ma riguardando le immagini la cosa più bella che rivedo anche in quei gol lì, è l'abbraccio dei compagni perché te fai un gesto in quel momento che ti rende protagonista, però quel gesto lì. Sposa tutti i caratteri sposa tutti gli stati d'animo delle persone che sono con te. C'è chi magari tra i compagni di squadra sta male, chi ha problemi in famiglia, chi ha problemi con gli amici o nel lavoro, ma qualsiasi cosa stesse succedendo in quel momento regali una gioia a tutti. Quindi la cosa più bella che credo si dovrebbe far capire che quando segni un gol è che se la prendi dal lato giusto godi nel vedere le persone che sono felici per una cosa che in quel momento sicuramente hai fatto te. Però quindi tutte le energie. Si incastrano collimano in questa esplosione di gioia che è la cosa più bella."

Che poi tu Leo diventi l'uomo dei gol pesanti. Prima di arrivare alla Juve in mezzo ci sono Bologna, c'è il Carpi, due gol poi decisivi nella corsa della Serie A la stagione successiva due gol che fai al Matusa sotto la curva nord. Quello stadio quell'ambiente?

"Mi vengono i brividi anche ora. Adesso c'è un parco a Frosinone. È un qualcosa di leggendario. I tempi cambiano ed è anche giusto che le cose cambino. Però il Matusa era magico. Era veramente una fossa dei leoni. Veramente ora non è per… però si respirava qualcosa di incredibile. Ricordo la prima partita che feci proprio la prima, Frosinone-Carrarese, all'ultimo secondo su un cross che misi io segnammo e mi resi conto subito che era magico. Si respirava proprio l'umore della città perché comunque palazzi intorno, la gente si affacciava. Era qualcosa di romantico e non vederlo più è veramente un peccato, che poi per quello che si era creato con quella città, segnare in quelle partite in quel momento, sotto la curva. Ringrazio veramente di aver avuto queste opportunità di aver vissuto queste emozioni e ringrazio anche tutti quelli che erano presenti perché noi gli avremmo dato tanto eh, ma loro non so se sanno quanto hanno dato a noi in quegli anni perché veramente ci hanno fatto vivere dei momenti splendidi."

7 giugno 2014 credo sia la partita in maiuscolo. Vi sentivate quasi imbattibili in quel momento. In quello stadio quello cioè sembrava quasi un calcio sudamericano.

"Se non sbaglio noi non entrammo nei play off perdendo a Perugia. Rischiavamo di vincere diretti mi sembra ma mi ricordo benissimo che noi rientrammo negli spogliatoi a Perugia e noi ci guardammo tutti e non eravamo tristi perché tanto sapevamo che avremmo vinto i play-off. Quindi c'era proprio questa vena di sicurezza di onnipotenza in quel momento a livello calcistico eravamo uniti. Sereni, felici di stare insieme, felici di soffrire insieme, poi si è visto perché anche gli episodi ci hanno dato ragione perché ci fu un palo 1-0. Palo di Beretta mi sembra. Non so di Miccoli, mi ricordo quindi. E lì poi il resto è storia ma sapevamo. Noi sapevamo che avremmo vinto."

Infatti, poi, almeno dall'esterno, il Frosinone vince la serie C. Batte il Lecce e sale in serie B. Poi l'anno dopo si ritrova in Serie A però la cavalcata del campionato di serie B sembra quasi più semplice. Cioè dall'esterno eravate talmente forti, talmente abituati anche a vincere che è sembrata quasi scontata, ma non lo era perché il Frosinone ha inizio stagione era la neopromossa con i ragazzini della serie C contro vari squadroni.

"Sì, una Serie B tosta, Bologna, Catania, Pescara, ce n'erano di squadre. Brescia. A Brescia mi ricordo vincemmo subito pronti via in casa la prima partita ma ripeto era come se avessimo un compito. Io non so. Era come se avessimo un compito se sentissimo di avere un compito e ci sentissimo capaci di tutto. Poi si era creata proprio una voglia di aiutarsi chiunque arrivava, perché poi sono arrivati i giocatori a gennaio, ci dava comunque tanto. Poi ripeto secondo me c'è una programmazione, c'è un grande presidente c'è un grande allenatore. C'è stata la società, dai direttori al presidente, ha inciso perché Stirpe ha fatto capire quanto teneva a realizzare il sogno che aveva il padre. Mi ricordo nella festa promozione mi abbracciò e nell'orecchio mi disse proprio “grazie perché avete realizzato il sogno di mio padre” con le lacrime agli occhi. Mi ricordo molto bene. È stato una sorta di padre per noi che ci ha dato carota e bastone al momento giusto, ma ci ha sempre fatto sentire parte di un progetto sentimentale non calcistico; quindi, credo sia stato poi quello che la società ci ha trasmesso, è venuto un grande direttore. Ripeto, un grande allenatore e poi quando tutte queste cose quando dei grandi uomini a livello di animo si uniscono. Difficilmente non si raggiungono gli obiettivi."

Poi arriva la Serie A, arriva soprattutto la notte del 23 settembre Juventus - Frosinone. Ok che quella è una notte leggendaria lì diventi il re diventi il simbolo non solo di Frosinone Leo, ma anche il simbolo del calcio delle piccole che possono fare l'impresa contro i super squadroni. Intanto il gol.

"Ci furono i tre minuti prima del gol nostro che sembravamo noi la Juventus perché mi ricordo benissimo che ci furono due minuti tre minuti che palleggiavamo e lì rientrò nelle nostre teste, quella cosa della sfrontatezza cioè non ci importa di essere qui in prima serata. Ora si gioca. Ci passò un po' quella paura perché ovviamente era insita in ognuno di noi. E insomma ci fu questo possesso palla incredibile con delle finte di Soddimo che saltava la gente di tacco, Gori uguale insomma io mi ricordo feci un cambio di gioco di 40 metri.
Un'azione incredibile con la Juventus alle corde poi parte questo pallone. Io sapevo dove l'angolo sarebbe arrivato, dove calciava Danilo più o meno. Poi facevo questo movimento stavo intorno alla posizione centrale del portiere, li passavo dietro e mi sfilavo.
Facevo un movimento al contrario però per l'appunto perché ero molto bravo a rimanere un po' in elevazione. Arriva questo pallone e ci scaricai tutta la forza che avevo in quel momento lì. Appena la vidi passare l'avevo già capito, ti dico la verità, e poi il resto è storia. "

Conservi qualcosa di quella notte ad esempio la maglia?

"Conservo il pallone firmato da tutta la squadra e la maglia di Pogba. "

Al San Paolo, com'è andata? La sera del record di Higuaín nel 4-0 del Napoli contro il Frosinone in Serie A. Aspetti Higuain negli spogliatoi un’ora?

"Eh sì, io gliel'avevo chiesta prima in campo e lui mi disse va bene. E aspettai sì un’ora scarsa."

Ma ti ha cambiato la vita?

"Cambiato la vita no, certo dove vado vado sentono il mio cognome e si ricordano di quel momento. Sì, perché comunque avendo un cognome particolare, quello fu un gol particolare quindi. Dove vado e sentono il mio cognome chi conosce il calcio qualcosa mi dice sempre. Da stancarmi ma non per altro perché sembra che veramente la mia vita calcistica sia stato solo quello. Avrebbe potuto cambiare qualcosa nel momento ì in cui avesse incentivato il continuo della mia carriera in qualche modo, ma a livello personale e a livello di affetti e tutto è stata semplicemente una ciliegina sulla mia carriera. Ma ce ne sono tante anche se non hanno avuto la stessa risonanza."

Per chi giochi oggi, dove giochi raccontaci un po'?

"Allora la squadra si chiama Belvedere Grosseto, è una squadra appunto della dilettantistica della città di Grosseto. Ho iniziato tre anni fa militava in prima categoria e in due anni siamo saliti. Abbiamo vinto l'anno scorso campionato di prima categoria.
Quest'anno stiamo cercando di vincere quello di promozione."

Ok bene, quindi hai ripreso a giocare. Tra poco entriamo nel dettaglio anche di questo Leo però prima un giro tra le tue passioni. Allora la moda l'abbigliamento ne abbiamo parlato, altre tue passioni: pittura, tatuaggi, viaggi e belle donne.

"Pittura è un canale che mi ha sempre aiutato a rilassarmi. Ok quando sono un po' stressato sia quando giocavo che adesso mi chiudo e disegno o dipingo. Tatuaggi con il fatto che mio fratello è tatuatore, tra le tante cose, perché anche lui come me fermo non ci sa stare quindi condividiamo insieme questa passione. Per esempio, qui nel braccio sinistro ho diversi tatuaggi che insomma, ricordano persone che non ci sono più, mi piace tenerli oltre che nel cuore anche nei ricordi. L'ultimo che ho fatto è dietro la schiena, è tutta la schiena, ed è un è un Barong. Che è il Dio balinese che racchiude tutti gli intenti positivi degli Dei e da millenni scende sulla terra in un periodo dell'anno nell'isola di Bali e combatte contro una strega che impersonifica il male. Per i viaggi credo che il modo migliore per spendere i soldi sia investire. Cosa fai alla fine coi soldi? Compri sempre qualcosa ma tutto quello che puoi comprare alla fine ti serve di più e ti serve di meno. Quello che invece ti rimane per sempre sono i ricordi, quando puoi comprare un ricordo. Mi piace tantissimo viaggiare. Credo che allarghi la mente. E ti aiuti a capire a prenderti meno sul serio a capire quanto è esteso questo mondo. Quanto siamo piccoli quanto contiamo poco molte volte. Questo nostro super Ego ci impone di pensare solo a noi stessi e di correre inseguendo i traguardi non si sa perché si corre e quindi viaggiare ci porta invece a capire che ci sono tante cose. Tante culture. Tante altre persone, ognuno combatte la sua Battaglia in giro per il mondo, ognuno ha la sua vita e quindi ti aiuta ad entrare in empatia con quello che è tutto il creato. Bali è stato diciamo soprattutto nel momento in cui ho smesso, è stata diciamo l'isola della consolazione dove ho scoperto cose di me stesso che prima non conoscevo mi ha cambiato tanto mi ha aiutato tanto. A livello emotivo ha smosso molto. Ho delle grandi e forti amicizie, una seconda famiglia. Italiani che ormai vivono lì da molti anni."

Hai pensato anche tu di vivere a Bali. No?

"Ci ho pensato anche io. Adesso è cambiato un po', come ti dicevo prima, non è più il posto a livello naturale immacolato dove ti potevi rilassare potevi fare diciamo la vita in mezzo alla natura di dieci anni fa. Si è molto occidentalizzato. Quindi va bene magari per farci qualche investimento in questo momento. Per il resto diciamo devi cercarti degli angoli dove poter fare la vita appunto immerso nella natura però è parte integrante sia della mia vita lavorativa che della mia vita sentimentale. Mi ha aiutato a capire che la direzione che stavo prendendo non era più quella che mi rendeva felice. Quando aprivo gli occhi la mattina e non ero felice c’era qualcosa che non andava."

Leo belle donne? Non dirmi che sei stato solo fortunato… devi avere insomma capacità importanti credo no?

"Sì ho avuto la fortuna di condividere vari momenti della mia vita, con belle ragazze a livello estetico ma anche diciamo anche poi alla fine a livello caratteriale. Chi per un motivo chi per un altro persone importanti all'interno della mia vita."

In questo momento Leo così facciamo anche un po' di gossip.

"In questo momento sono impegnato. Felicemente felicemente impegnato."

Quindi metti su famiglia?

"Vedremo vedremo non si sa. Anche se non si vede però gli anni passano quindi penso che non ci sia niente di più bello che avere un figlio. Ma deve venire naturale al 300 per cento quindi speriamo bene ed è una cosa sicuramente che mi piacerebbe che accadesse non è che mi muovo perché accada. Spero che sia un percorso che intraprenderò perché sono sicuro che deve essere la gioia più bella del mondo."

A Frosinone non sei più tornato Leo?

"Non sono più tornato perché mi fa un effetto ancora. Non sono pronto, non so se sono pronto. Forse adesso. Forse potrebbe essere il momento ma non mi rimane indifferente. Anche solo passeggiare per quelle strade lì evoca tanti ricordi e più che altro questa scelta di di aver cambiato squadra che un pochino anche se non è un rimpianto perché io penso che purtroppo nella vita ci si muove sempre perché in quel momento si pensa sia giusto ma sarebbe potuta durare di più quella che io chiamo favola perché per me è stata una favola."

Hai sempre dichiarato che è stato un grande errore lasciare Frosinone e che a un certo punto volevi anche riprovarci, hai avuto dei contatti?

"Sì, c'è stato un momento in cui ho parlato con il direttore Salvini e gli chiesi, mi sembra quando c'era Nesta, io stavo bene fisicamente e ti dico la verità avevo avuto una richiesta nei professionisti ad Arezzo, gli chiesi un periodo di prova. Un mesetto. E poi comunque la piazza mi conosceva quindi perché no però poi alla fine lui mi disse “guarda sono in bilico anche io. Fammi parlare un po' col presidente”. Infatti, poi lui andò via quindi non c'è stata occasione. Sarebbe stata veramente una favola a lieto fine."

Su questi campi è vero che in questi campionati promozione eccellenza si riscoprono un po' i valori di una volta: il gruppo, l'amicizia, il sacrificio, insomma valori che magari ci sono un po' di meno nel calcio dei grandi nella Serie A o nella Serie B?

"È ovvio che quando giochi con ragazzi che magari lavorano dalla mattina alla sera, magari c'è chi monta le pese pubbliche. E poi la sera alle 7 viene in fretta e furia ad allenarsi ti rendi conto di quello che veramente è la passione per questo gioco è un gioco meraviglioso finché rimane tale. guidato da quella."

Sei un po' il leader di questa squadra Leo, cioè come ti guardano gli altri con gli occhi del calciatore della Serie A?

"Ma sì per forza di cose. Però la cosa che con il tempo sono riuscito a cambiare anche a livello caratteriale è stata quella di mettermi al servizio proprio dei ragazzi, quando ti metti al loro servizio rispondono perché essere leader a volte uno pensa di dover dare la direzione e pretendere che la gente ti segue. Invece a volte per dare la direzione devi metterti al servizio con l'esempio e anche con una parola buona. È un atteggiamento buono, se ti apri gli altri gli altri vedono il buono che hai dentro ed è lì che diventi leader, è lì che ti aiutano."


La tua carriera Leo, lasci Frosinone al termine della stagione di Serie A per intenderci 2015-2016 arriva Pasquale Marino fai una parte di ritiro a San Donato Val di Comino se non sbaglio e poi dopo qualche settimana però decidi di lasciare Frosinone per andare al Carpi. Perché? È una domanda che ti sto facendo io ma vorrebbero fartela almeno i 9000 del matusa che erano presenti quegli anni.

"Allora Partendo dal presupposto che col senno di poi è stata una scelta sbagliata, ma non solo a livello di carriera io parlo a livello umano. Quando si vive nel qui ora non possiamo solo utilizzare le informazioni che abbiamo. Purtroppo, controllare tutto in quel momento era difficile, potevo solo usare il mio bagaglio di esperienza. L'amore che avevo per quei colori lì per quella città era talmente forte che sentivo di aver smarrito un po' di motivazione, o forse avevo dato tutto. Ero svuotato e a quel punto io mi sono posto una domanda. Ho detto che faccio? Rimango dove sono coccolato dove mi è tutto facile sapendo di non riuscire a dare il 100% a queste persone che hanno contribuito a farmi essere quello che sono adesso? Quando mi sono reso conto che non sarei riuscito a darlo quel 100% ho preferito andare contro tutti e prendere un'altra strada ahimè. Ancora oggi mi dispiace perché era un momento, era un momento e dovevo capirlo. Avrei dovuto capirlo. Purtroppo, non l'ho capito, se l'avessi capito sono sicuro che sarebbe durata molto di più."

E infatti scegli Carpi dove le cose non vanno benissimo dall'inizio.

"Io sì. Arrivo a Carpi da giocatore affermato, voluto. Il direttore sportivo era Romairone. Io dal momento che sono arrivato proprio non ho sentito un'affinità con il gruppo né con la società però insomma era forte la motivazione di far vedere che comunque ero un giocatore importante. Potevo dare una mano, mi sono allenato bene. Però loro pretendevano che io fossi un altro tipo di giocatore, parlo proprio a livello tecnico. La domanda era mi avete preso per come sono o come volevate che fossi? Che giocatore avete preso? In questo battibecco con il direttore non ho avuto l'appoggio della società e dello staff che avrei meritato. Mi avrebbe fatto piacere mi avessero spiegato qualcosa no, mi avessero aiutato perché comunque ero un bene della società. Non l’hanno fatto e allora sono andato avanti da solo. Poi sono andato a Brescia, una piazza meravigliosa, mi hanno voluto bene, mi sono trovato benissimo. Allenatore c’era Brocchi quindi uno che di calcio ne sa e mi ha fatto giocare tutte le partite; quindi, forse c'era qualcosa di sbagliato a Carpi non lo so. Mi chiamò Gattuso ai tempi che era l'allenatore del Pisa e ebbi tante richieste. E poi venne anche Gigi canni dopo Brocchi anche con lui giocai tutte le partite. Ad agosto tornai a Carpi ma nonostante fosse cambiato allenatore fosse cambiato direttore io non facevo parte del progetto, quindi nemmeno potevo allenarmi in ritiro per capire. Quindi situazione assurda, ma così fecero anche con Borriello e Zaccardo. Da lì sei mesi fuori rosa mi hanno fatto mobbing. Non ho mai parlato tanto di questo ma insomma è stato fatto mobbing pesante. E niente poi a gennaio ho deciso di andare ad Alessandria anche perché ne calcio basta che non giochi sei mesi perdi di valore perché sei un numero, ma lì mi feci male dopo poco e non mi trattarono così bene per cui non raggiungemmo nemmeno l’obiettivo di salire in B e tornai a Carpi per l'ultimo anno di contratto lasciai tutti i soldi, ho preteso di non prendere neanche un euro nonostante li avessi, ho dovuto litigare per non prendere un euro. Mi hanno dato una buonuscita perché alla fine ho anche una mia famiglia e da lì  decisi di prendermi una pausa dove poi sono arrivate relative offerte per un anno e mezzo, due anni che ho sempre declinato perché era un mondo che mi aveva completamente spento la fiamma e quando poi ti svegli la mattina non sorridi. Quindi decisi di smettere."

E poi si è riaccesa la scintilla?

"Sì, un amico mio che è il direttore sportivo di questa squadra qui. Parlando e scherzando mi disse ti faccio parlare con il presidente di questa squadra. Insomma, stai bene. Magari fai due chiacchiere. Guarda il centro allenamento è bello, il gruppo è un bel gruppo. Fidati prova, vieni a vedere. Ed effettivamente trovai un gruppo bello e da lì ho riscoperto quella che è la passione vera e propria per questo sport."

Leo ti sei mai posto la domanda “perché non hai fatto una carriera importante?” Perché se poi vai a vedere i numeri tu giochi tanta C benissimo, ti guadagni la B da protagonista assoluto, con gol grandi prestazioni, sali in Serie A e comunque giochi bene e segni alla Juventus, al Genoa, all'Udinese, sempre comunque titolare. Poi da lì si rompe qualcosa. Ok la scelta sbagliata di Carpi però secondo te perché non hai fatto una carriera importante?

"Allora partiamo da prima, io a 18 anni ero già in Serie A. La mia pecca è stata quella di non capire sin da giovane la possibilità che avevo e quanto ero bravo in quel campo. Quanto ero bravo in questo sport in questo lavoro. Ho sempre pensato di essere una persona messa dentro il mondo del calcio. Non un calciatore. Non ho mai vissuto da calciatore ma sempre vissuto da persona che lavorava quindi io andavo al lavoro non facevo il calciatore. In questo modo la vivevo nella maniera sbagliata. Poi invece con gli anni mi sono reso conto che avrei dovuto vivere da calciatore serenamente. Avrei dovuto vivere come un lavoro vero e proprio perché era un lavoro. Viverlo con gioia perché lavori in un campo lavori con delle persone e dare il 300 per cento. Invece purtroppo la vedevo veramente come un lavoro non voluto così tanto. Quindi pensavo ormai faccio questo, devo fare questo. Se l'avessi capito prima magari non sarei passato neanche da Frosinone. Perché sono sicuro che avrei fatto prima qualcosa in più. Mi ricordo, ho visto l'altro giorno Beretta a Coverciano e proprio l'altro giorno mi diceva: “peccato porca miseria”. Mi ha fatto i complimenti perché mi ha seguito. Però ha detto: “peccato perché te potevi fare veramente la serie A per 20 anni”. Questo è stato un po' la mia pecca anche se proprio il mio modo di essere mi ha portato ad essere quello che sono oggi e a passare una favola come quella di Frosinone. A passare un momento della mia vita dove io sono cambiato a livello personale.Sono cresciuto, mi sono conosciuto, mi sono ritrovato a 30 anni con una profonda conoscenza di me stesso e con delle armi per poter essere felice perché magari se l'avessi fatto dopo non so se sarei riuscito."

Un confronto con un compagno di squadra, il gol, il tifo. Cosa ti manca di più del calcio?

"Sicuramente quando giochi davanti a tanta gente è veramente il coronamento di tanta fatica. Quello di sicuro l'adrenalina della partita. Quella un po' mi manca. Quella è la cosa bella. Poi la cosa per cui un giocatore vive. Vive per quell'urlo lì 20.000 persone 30 mila persone, lì per te. Il boato, magari di un gol o di un salvataggio in scivolata quello. Quella è la cosa che mi manca tanto."

Per chiudere, nostalgia del 2014 nostalgia di quegli anni?

"Porca miseria sì. Una favola che rimarrà sempre nel mio cuore ma mi sento orgoglioso e veramente fortunato a aver vissuto degli anni in quel modo e quell'anno lì."

Un aneddoto Leo un qualcosa che non avete raccontato?


"C'era una piccola cosa scaramantica che facevo ai tempi del Matusa quando ancora era in piedi. Portavo prima delle partite il mio cane Hero a fare una passeggiatina e facendo finta di niente se lui si fermava a fare i suoi bisogni in un punto, la pipì appunto, allora era buon auspicio e questa cosa si è ripetuta. L'erba si bruciava ovviamente però è successo tante volte e ci sono state tante vittorie dopo quindi."