AMARCORD: Osvaldo Ronny Buscicchio, il dottore che parò il rigore a Totti
Ci sono giocatori che si ricordano per un gol importante. Ce ne sono altri che si ricordano per il numero di presenze con il club, o per aver vinto qualcosa. Ma è raro trovare un giocatore che i più ricordano per un rigore parato. Per di più in amichevole. Tutto si spiega se a tirare il calcio di rigore è un certo Francesco Totti da Roma. E a pararlo è Osvaldo Ronny Buscicchio da Milano. Due opposti, uno strafamoso e strapagato, un altro che per vivere e mantenersi gli studi gioca a calcio, e anche con buoni livelli.
LA PRIMAVERA DELL’INTER - La storia nasce da lontano, nel 1981 nella periferia milanese. Osvaldo Ronny nasce il 4 marzo, giorno di Lucio Dalla. Il papà è un grande appassionato di corse automobilistiche e dà al figlio come secondo nome “Ronny”, omaggio al pilota Ronnie Peterson, scomparso qualche anno prima a Monza, vicino casa, durante una corsa. A Osvaldo piacciono le automobili, ma il suo sport è il calcio. A 11 anni prova con l’Inter, viene preso e fa tutta la trafila delle giovanili nerazzurre. Con gli Allievi Nazionali allenati da Beppe Baresi vince il campionato. Al termine viene spedito direttamente in Primavera, insieme al suo tecnico, davanti a lui Anania. In prima squadra c’erano Pagliuca, Frey e Mazzantini, ce n’era da imparare… A ottobre Buscicchio viene chiamato da Gigi Simoni, allora tecnico dell’Inter. La sera in programma c’è Inter-Spartak Mosca, gara valida per il girone D di Champions League. Simoni convoca i tre portieri, ma Mazzantini è costretto a dare forfait. Indisponibile anche il titolare della Primavera Anania, viene convocato d’urgenza il giovane Buscicchio, maglia numero 30. Osvaldo osserverà la partita dalla tribuna, ma a diciott’anni far parte dei convocati in una gara di Champions League, insieme a Ronaldo, Pirlo e Djorkaeff non è cosa da tutti i giorni. L’anno seguente viene promosso come portiere titolare della Primavera. A luglio va in ritiro con la prima squadra in Valle d’Aosta, con lui, tra gli altri, Baggio, Ronaldo, Vieri, Zanetti, agli ordini di un certo Marcello Lippi. E’ solo una parentesi, a fine ritiro rientro alla Pinetina a giocare con i ragazzi di mister Baresi. Una parentesi pur sempre felice. L’anno successivo Buscicchio decide di lasciare la chioccia Inter e di tentare la fortuna in serie D. Va a Rieti, dove disputa un ottimo campionato, scendendo in campo per tutte e trentaquattro le partite e risultando tra i migliori portieri dell’intero campionato.
IN CIOCIARIA - A Rieti viene osservato dal Frosinone Calcio, che al ritorno in serie C2 decide di acquistare questo lunghissimo portiere come riserva ad Andrea Cano, idolo della tifoseria giallazzurra. Girone di andata ad osservare il campo dalla panchina, finché non ci si mette il destino. Cinque-gennaio-duemiladue. Il papà di Osvaldo dopo una lunga malattia lascia i suoi cari. Osvaldo è lì con lui quando va via, ma il giorno dopo deve raggiungere la squadra a Paternò. Dopo le esequie, primo aereo destinazione Catania, con un senso di professionalità unico, si mette a disposizione dei mister Sanderra. Il destino, sempre lui, vuole che Cano si infortuna alla caviglia dopo pochi minuti. Neanche il tempo di scaldarsi e subito in campo. Con la testa altrove per il primo tempo deve svolgere solo compiti di ordinaria amministrazione. Nella ripresa il Paternò buca Osvaldo tre volte, ma comunque il portierone canarino risulta tra i migliori. Titolare anche le partite successive, torna in panca quando Cano recupera. A febbraio è di nuovo chiamato in causa. Stadio Ceravolo di Catanzaro, telecamere di RaiSport. Una partita strana, diretta male, malissimo, da Romeo di Verona. Dopo venti minuti Cano deve lasciare il campo, riecco Buscicchio, che compie tre miracoli, ma nulla può su Terrevoli e Barbera, con il Frosinone in otto-contro-dieci. Cano non recupera e fino a fine campionato la porta giallazzurra è tra le mani di questo gigante milanese, bravo con le mani, che faceva scendere i brividi quando doveva rinviare la palla, soprattutto quando la palla gli capitava sul destro. Anno nuovo, nuovi soci, nuovi investimenti, nuovo tecnico, Buscicchio resta. Si parte con Bitetto, obiettivi da primi posti, il precampionato fa sognare i tifosi. Ad agosto contro il Lecce di Chevanton, Vucinic, Ledesma, chi più ne ha più ne metta, Buscicchio gioca novanta minuti, la porta resta inviolata. Ma è calcio d’agosto, conta poco. Con i tre punti in palio è tutt’altra musica. Cano è tra le (poche) note positive, per Buscicchio c’è tanta panchina. Una sola presenza, a novembre, in un rocambolesco 4-1 interno contro la Lodigiani (a segno per i romani addirittura il portiere Gregori su punizione).
LA ROMA E IL RIGORE DI TOTTI - A gennaio il Frosinone deve disputare, come da contratto, un’amichevole contro la Roma, al Comunale. La Roma di Capello con lo scudetto sul petto, l’ultima uscita di Batistuta con i giallorossi, il rientro di Totti da un infortunio, l’ultima gara di Guardiola in Italia. Cano è influenzato, tocca a Buscicchio. Una partita che sicuramente Osvaldo ricorderà per sempre, una di quelle partite che potrà raccontare fiero ai nipotini. Il destino restituisce esattamente un anno dopo a Osvaldo una di quelle giornate che non dimenticherà, stavolta in senso positivo. Minuto undicesimo, Cafu scende in area e viene atterrato da Omar Roma. Rigore. Sul dischetto va Francesco Totti, quello che un anno e mezzo prima aveva rispolverato il cucchiaio contro Van Der Sar. Totti tira forte e poco angolato, Buscicchio indovina l’angolo e respinge. Poco importa se dopo Delvecchio, sempre Totti e Tommasi segnano, Osvaldo la sua partita l’aveva già vinta. Si torna al calcio dei tre punti, Cano è inamovibile.
SI TORNA A MILANO - A luglio Osvaldo è svincolato e decide di riavvicinarsi a casa. Trova un contratto con i dilettanti del Real Cesate, a due passi da casa. Osvaldo riprende così gli studi in economia a Milano, che aveva interrotto qualche anno prima. Il calcio resta un divertimento, così come è sempre stato per lui. Tra un esame e l’altro continua a difendere i pali del Real Cesate prima, del Turate poi, fino al 2007, quando il suo nome torna sulle prime pagine dei giornali locali. Con la sua Alfa 147 fa un volo pauroso a Bollate, Buscicchio rimane illeso. I latini dicevano “Nomen omen”, il nome è un presagio. Ronny, stavolta lo chiamiamo così non è Ronnie. Da lassù qualcuno lo guarda. Il destino, ancora lui, ha deciso. Anche perché c’era una laurea da conseguire, c’è una vita da continuare, quella di un ragazzo qualunque che un giorno parò un rigore a Totti.