Alessandro Frara a "Nostalgia 2014": "Quel gol contro il Lecce l'ho sognato per mesi. Per noi fu un finale perfetto"

L'intervista realizzata durante "Nostalgia 2014" ad Alessandro Frara, uno dei grandi artefici della doppia promozione dalla Serie C alla A del Frosinone
29.11.2024 10:45 di  Francesco Cenci   vedi letture
Alessandro Frara a "Nostalgia 2014": "Quel gol contro il Lecce l'ho sognato per mesi. Per noi fu un finale perfetto"
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© foto di Federico Gaetano

Esattamente dieci anni dopo la trionfale stagione, chiusa con la vittoria del Frosinone allenato da Roberto Stellone contro il Lecce nella finalissima playoff del campionato di Serie C 2013/2014, i protagonisti giallazzurri di quell’impresa si sono  raccontati tra aneddoti, segreti, emozioni e curiosità in un film-documentario realizzato dalla redazione di Extra Tv, chiamato "Nostalgia 2014". Ieri sera è andato in onda il settimo episodio, che ha visto come protagonisti l'ex capitano giallazzurro Alessandro Frara e Roberto Crivello.

Così ha parlato Alessandro Frara:

Alessandro, che effetto ti fa tornare nel Vecchio "Matusa", ci torni ogni tanto? Frosinone è diventata un pò la tua città...

"Mah, devo dire che ci torno raramente, però ci passo sempre con la macchina".

E che effetto ti fa, provi qualcosa di particolare vedere tutto trasformato in questa maniera, oppure no?

"Nel vedere adesso un parco lì, anzichè il Vecchio "Matusa", mi fa venire un pò di nostalgia e provo uno strano effetto. Lì però, abbiamo vissuto dei momenti indimenticabili. Quindi è sempre un piacere tornarci".

Che poi, il "Matusa" è stato un pò il vostro 'segreto', anche negli anni successivi poi in Serie B ed in A. Era il "Matusa" un pò una sorta di catino, dove il Frosinone non perdeva mai...

"Si. al "Matusa" abbiamo costruito le nostre vittorie ed i nostri successi. Era veramente un campo, quello del "Matusa", che ti spingeva oltre i tuoi limiti. C'era una Curva molto alta che già a primo impatto visivo, faceva tanto. E le squadre avversarie quando venivano a giocare nel nostro stadio, entravano in campo un pò impaurite e spaventate".

Era poi un campo piccolo, stretto...

"Quello del 'Matusa' era un campo abbastanza lungo, ma anche stretto. Quella fu un pò la nostra forza. Il modo che avevamo di giocare in quegli anni, molto aggressivo ci diede una mano. E quel campo ci aiutò ad ottenere quei successi".

L'unione che si creò in quello spogliatoio fece la differenza in quel successo. Confermi?

"Si, è vero. Si creò un qualcosa di magico all'interno dello spogliatoio, dove mister Stellone fu molto bravo a compattare e cementare il gruppo. Eravamo un gruppo formato da molte persone intelligenti ed affamate. Ognuno di noi si trovava in un preciso momento della propria carriera: c'era chi doveva emergere perchè non aveva mai giocato in campionati importanti  e chi doveva, al contrario, riscattarsi. Quindi si creò qualcosa di magico, anche con la città di Frosinone strada facendo. Man mano che ottenevamo i risultati. La stessa città proveniva in quel periodo da un periodo difficile a livello di risultati, ed era quindi in cerca di riscatto. Ci fu questa un'unione di fattori, che poi ci portarono a vincere".

Unione a parte, tecnicamente e qualitativamente era secondo te, una squadra forte quella?

"Credo di sì. E questo aspetto lo ha dimostrato poi negli anni, altrimenti non avremmo vinto poi il campionato di Serie B, facendo pochi innesti. Mi ricordo che arrivò Dionisi subito, poi Sammarco nel mercato di gennaio. Però nel campionato di Serie B poi, non furono fatte molte modifiche a livello tecnico. Quindi, di base c'era una squadra forte e con dei valori tecnici importanti".

Mister Stellone quanto incise in quel gruppo, visto che per lui era realmente forse alla prima vera esperienza da allenatore.

"La qualità più grande che ebbe in quello spogliatoio mister Stellone fu quella di creare un grande gruppo. Poi fu anche bravo, naturalmente, a mettere la squadra in condizione di poter ottenere dei risultati. L'allenatore fu sicuramente un valore aggiunto".

Tra le partite svolta di quella stagione, ci fu sicuramente la prima gara giocata contro il Lecce, quella di dicembre giocata al "Matusa". Fu quella per voi la partita della consapevolezza?

"Quel campionato, a livello di valori delle squadre che c'erano era bello tosto. Noi siamo stati bravi a rimanere sempre avanti ed in testa alla classifica. Sapevamo che per la serie C la nostra, era una squadra importante. Siamo sempre stati consapevoli che avremmo potuto fare bene. Sbagliammo poi anche qualche partita contro squadre che, sulla carta, erano inferiori. Mi ricordo a proposito, quelle con il Pontedera ed il Barletta. Quelle furono delle gare dove perdemmo dei punti importanti per la nostra classifica. E poi ci fu quell'ultima partita di Perugia che ci ha 'ammazzato' psicologicamente, ma poi fummo bravi ed in grado di risollevarci, perchè quella partita avrebbe ammazzato chiunque, ma non quella squadra. E, probabilmente, vincere come lo abbiamo fatto noi, alla fine è stato anche più bello".

In quei momenti complicati, il capitano che ruolo ha: bisogna anche parlare e mediare nello spogliatoio. E' un ruolo comunque delicato ed importante...

"Eravamo un gruppo, come già detto, che era formato da ragazzi molto intelligenti. Quindi, dentro di noi c'era una gran voglia di riscatto. Avevamo fatto ciò che dovevamo e non potevamo recriminare su nulla, tranne sul fatto che secondo noi ci saremmo meritati un qualcosa di importante. E poi, alla fine, sono venuti fuori i valori tecnici ed umani di quel gruppo. Ricordo che Massimo Zappino fu un grande calciatore all'interno del nostro spogliatoio e come lui, tanti ragazzi che hanno dato il loro contributo".

Eravate anche dei calciatori con dei caratteri diversi all'interno dello spogliatoio: te eri molto mite e tranquillo, poi c'erano anche dei giocatori con della 'buona follia', come Soddimo ad esempio o lo stesso Zappino...

"Si, avevamo dei caratteri differenti, ma che si incastrarono bene. Affinchè le cose funzionino tutte alla perfezione, non si può essere undici Frara o undici Zappino. C'è bisogno del giusto mix e dell'apporto di tutti: il calciatore più simpatico e quello più serio. Ognuno deve avere le proprie caratteristiche. Lì si incastrarono varie componenti ed aspetti, che poi dopo fecero sì che si arrivasse ad un risultato storico, che poi ha dato il là a quello che è il Frosinone adesso".

Avete la consapevolezza, dieci anni dopo, di aver cambiato in parte la storia di questo club?

"Si, penso di sì. Ci prendiamo questo piccolo merito. Quelle vittorie diedero la spinta al Presidente Stirpe di investire ulteriormente, principalmente sul nuovo stadio prima, ma poi anche nel Centro Sportivo. Frosinone da lì è diventato un'azienda diversa ed è cambiato tutto".

Che ruolo ha avuto il presidente e la società in quelle stagioni?

"Hanno avuto ovviamente, anche loro, un ruolo fondamentale ed importante. Il merito del Presidente è sempre stato quello di essere una persona molto equilibrata, sia nelle vittorie che nelle sconfitte. Non ha mai alzato più di tanto le aspettative sulla gente. E questo ha fatto sì che la squadra fosse sempre tranquilla e mai con l'assillo di dover ottenere per forza dei risultati. Questo diede grande serenità alle varie squadre che si sono poi succedute e nelle varie stagioni. Quella fu la vera chiave dei successi".

Fu il post Perugia, nell'ultima giornata di campionato, il momento più complicato della stagione?

"Fu sicuramente dura. Sono stati quelli giorni pesantissimi per noi a livello psicologico. Però poi ritrovammo dentro di noi le energie e la forza. E poi, possiamo dire che la storia si ripeterà, perchè successe anche nell'anno della nostra seconda promozione in Serie A. Ricordo anche la partita con il Carpi che purtroppo perdemmo, insomma: anche di batoste negli anni le abbiamo prese. Però il calcio è questo. E la grande qualità di quella squadra fu che ebbe sempre la forza di reagire, non era facile farlo".

Come si prepara una partita come quella finale Frosinone-Lecce, te eri il capitano: come hai passato quella settimana?

"Queste sono partite che si preparavano da sole. Non c'era il bisogno di caricarle più di tanto. In questo mister Stellone, insieme al suo staff ed il vice Giorgio Gorgone, furono molto bravi perchè sapevano sdrammatizzare il momento. Erano sempre allegri e scherzosi. Quindi non ci fecero avvertire più di tanto la tensione, che era già molta dentro di noi. Sapevamo tutti dell'importanza di quella partita. E poi, per molti di noi, cambiò la carriera. Quella fu certamente una settimana di quelle importanti e di quelle belle. Ed è quello che credo un pò a tutti noi, ed anche ai miei ex compagni, manca un pò quando si smette di giocare: manca vivere quell'adrenalina e quelle sensazioni che, col passare del tempo, non vivi più facendo altri mestieri".

C'erano anche una serie di riti prima delle partite: il "Nessun dorma" al "Matusa" e pi all'arrivo del bus della squadra. La squadra come viveva quei momenti?

"La squadra si caricava a pallettoni. Io ricordo che nel pre partita della gara contro il Lecce, non riuscivamo ad entrare allo stadio per quanta gente ci fosse. Fu bellissimo vedere tutte quelle persone che ci acclamavano e caricavano. Furono veramente dei momenti indimenticabili".

Il Frosinone, poi, con il tempo, ha vinto tantissimo. Perchè secondo te, quella squadra è rimasta così tanto nel cuore dei tifosi giallazzurri?

"Forse perchè la città ed i tifosi, venivano da anni un pò bui. Io quando arrivai a Frosinone in Serie C, mi ricordo che in alcune partite c'erano 800 spettatori allo stadio. Quindi la città ha vissuto la sofferenza insieme alla squadra. Quella fu dunque una vittoria conquistata duramente, con il tempo e con il sudore. La gente ha sentito propria quella vittoria. Poi, con il fatto che i giocatori abitavano più o meno tutti in centro città, erano diventati un pò parte del tessuto sociale. La gente si è sentita parte della squadra e viceversa. Quella fu un pò la caratteristica principale".

Nel "Matusa", si è conquistata la Serie B, andando poi addirittura in Serie A. Otto anni dopo quella straordinaria stagione che faceste in A, c'è un pò di rammarico per non essere riusciti a compiere l'impresa? La salvezza, dopo il tuo gol realizzato a Verona, sembrava fatta...

"C'è rammarico perchè nelle prime cinque partite raccogliemmo 0 punti, perdendo dei punti importanti. Dopo ci adattammo bene al campionato e iniziammo a fare il nostro percorso in un certo modo. Nella settimana del gol al Verona, credemmo veramente in quella salvezza, perchè avevamo da giocare degli scontri diretti con il Chievo prima e con il Palermo poi. Purtroppo nella gara contro il Chievo, l'arbitro ci espulse due calciatori  e la gara andò male, pur essendo andati in vantaggio. C'è questo tipo di rammarico qui, perchè ce la saremmo potuta giocare fino alla fine. Lo abbiamo fatto quasi fino alla fine. Peccato, perchè alla fine avremmo meritato di ottenere quella salvezza".

Sei stato anche tra i protagonisti del cambio storico del Frosinone, dal "Matusa" allo "Stirpe". Che effetto ti ha fatto viverlo, anche da capitano e uomo simbolo di questa squadra?

"Mi ricordo che nel giorno dell'inaugurazione dello stadio, per tutti noi che vincemmo quei due campionati, giocare la partita inaugurale allo "Stirpe" fu molto emozionante. Ci sentimmo in qualche modo partecipi e pensammo di aver contribuito alla realizzazione di quello stadio. Da lì in poi è cambiato molto nel Frosinone. Prima la società aveva una dimensione più familiare, dopo è diventato un club a tutti gli effetti ad alto livello".

All'inizio si è pagato un pò il salto "Matusa" "Stirpe", nell'ottenere dei risultati in campo?

"Questo non lo so. Sicuramente le dimensioni del "Matusa" erano diverse. Il nostro modo di giocare era più adatto a quel tipo di dimensioni di campo. Penso che uno dei motivi sia stato quello. Poi il calcio è senza logica, ed è cambiato nel tempo".

Perchè ti sei fermato a Frosinone, cosa hai trovato?

"Ho trovato il calore della gente. Mi sono sentito importante ed a casa, questo è stato l'aspetto importante e fondamentale. Il presidente poi mi ha dato la possibilità di proseguire qui la mia vita lavorativa dopo il calcio, i miei figli sono cresciuti qui e ci vivono. Quindi ritengo di aver fatto la scelta giusta".

Nel 2017/18 il Frosinone vince un altro campionato: lì forse è stato più difficile, perchè quella era una squadra forte e i giallazzurri erano tra i favoriti?

"Vincere è sempre complicato. Sicuramente avevamo dalla nostra parte maggiori favori nel pronostico. La serata contro il Foggia, all'ultima partita, fu dall'epilogo sportivamente drammatico. Però anche in quell'occasione, la squadra dimostrò di avere gli attributi e le caratteristiche importanti. Abbiamo vinto, secondo me contro una squadra come il Palermo dalle caratteristiche tecniche più forte rispetto a noi. Però al ritorno allo "Stirpe" l'ambiente fu carichissimo e meritammo la vittoria".

Quella fu la tua ultima partita da calciatore per te...

"Si. Non sapevo di smettere in quel momento. Entrai in un momento della partita molto teso. C'era la sensazione di poter portare a casa quella partita. Finita la gara, vado in vacanza. Poi al rientro mi vidi col presidente  mi venne fatta questa proposta di proseguire qui la mia carriera dopo il calcio. Non sarei stato riconfermato da calciatore nel Frosinone e sarei dovuto andare via. Pensai però che da calciatore mi ero già tolto le più grandi soddisfazioni. Avevo il desiderio di chiudere la mia carriera con la maglia del Frosinone. E quando mi si prospettò la possibilità di iniziare un altro tipo di lavoro, ho deciso di intraprendere questo nuovo percorso".

E' dura smettere di giocare?

"E' dura, soprattutto se non hai l'alternativa pronta. Io per fortuna ho avuto la possibilità di lavorare sin da subito e non molto tempo per pensare. Chiaramente il fatto di giocare manca. Manca l'adrenalina ed il rapporto con i compagni. Però il tempo passa per tutti, ed arriva quell'istante in cui bisogna prendere una decisione. A volte lo capisci da solo quando è ora, altre volte magari te lo fanno capire, (ride, n.d.r.). Da dirigente, mi è servita sia l'esperienza con Salvini in Prima Squadra che quella con Angelozzi nel Settore giovanile. Sono state due esperienze molto belle, l'ultima sta continuando, e da cui ho imparato e sto imparando molto. E me le porto ambedue dietro come bagaglio".

Più facile vincere da giocatore o da dirigente?

"Sono due cose diverse. Poi io credo che nel Settore Giovanile, l'obiettivo primario non debba essere quello di vincere. La vittoria che ottenemmo noi fu una ciliegina sulla torta. L'obiettivo principale è quello di formare dei ragazzi, creargli un percorso, farli migliorare e, possibilmente, portarli a giocare in Prima Squadra. Quella vittoria del campionato di Primavera 2 fu naturalmente per i ragazzi e per noi, una soddisfazione immensa. Nessuno ci dava per favoriti. Però anche lì, nel nostro piccolo, si è costruito un grande gruppo di ragazzi che hanno spinto tutti insieme verso il traguardo. Quel gruppo aveva delle grandi similitudini con quello che vinse con mister Stellone".

Hai particolari rimpianti nella tua carriera?

"Ho fatto complessivamente una buona carriera. Sicuramente ho avuto diversi infortuni nei momenti chiave, senza dei quali probabilmente, avrei potuto fare qualcosina in più. Però alla fine io penso che ognuno di noi ha quel che si merita. Quindi sono contento di quello che ho avuto e ottenuto".

 Hai nostalgia di quel 2014 e di quegli anni Alessandro?

"Come poter rispondere di no. Nostalgia significa rivivere quei momenti che sono stati bellissimi. Quella nostalgia fa parte di tutti noi calciatori che abbiamo vissuto quei momenti. Però il calcio è un mondo che va veloce. Se si pensa a quello che si è fatto, è meglio allora smettere. Bisogna sempre guardare avanti e pensare al giorno dopo".